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Il nostro pianeta ci manda segnali inequivocabili, è stanco, è saturo, ha bisogno di un cambiamento radicale, e probabilmente la specie umana non è più compresa nei suoi piani.
L’unica soluzione è la fuga spaziale dell’essere umano, un viaggio interstellare alla ricerca di nuovi orizzonti.
Space escape, è il racconto dell’ignoto, è il racconto di tutto ciò che si disvela oltre la nostra atmosfera.
Space escape è un sogno che parte con Metropolis, passa per Kubrick e George Lucas, si nutre dell’energia di David Bowie e dei Kraftwerk, per arrivare a Mars-one e ad altri viaggi lontanissimi.
Space escape è la fuga dallo spazio conosciuto, quello euclideo, fatto di assi, di matematica e geometria, fatto di rapporti e sezioni, fatto di saggezza e razionalità, a favore di uno spazio più fluido, più naturale nel senso etimologico del termine, più caotico e complesso, più colmo e coinvolgente.
Space escape è la fuga dalla routine quotidiana verso un ignoto carico di energia.
Citazioni, sovrapposizioni complesse, seguono uno schema naturalmente amorfo, per generare nuove immagini, nuove non-forme, nuove ipotesi agglomerative, assimilabili alle colonie batteriche, a esseri alieni, a nuove primordiali forme di vita.
C’è un futuro oltre la fine, o forse non esiste la fine ma è semplicemente un continuo divenire.