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24.11.2022 - 21.12.2022

Eterna Danza

Art+Design

5vie selection

eventi fisici

Giovedì 24 novembre 2022, presso la galleria milanese ARTESPRESSIONE di Paula Nora Seegy, saranno in mostra una selezione di opere dei due maestri del Novecento Reinhold Rudolf Junghanns e Wolfgang Alexander Kossuth. La mostra, a cura di Matteo Pacini sarà visitabile fino al 21 dicembre 2022, anche su appuntamento.


Sinonimo di vita, ritmo e libertà la danza è presente nei culti di tutte tutte le civiltà, “dono divino” da sempre ispirazione per le arti figurative, mondi che si sono spesso contaminati, influenzati e raccontati a vicenda. Sin dalle sue origini, l’uomo ritrae scene di ballo nelle pitture murali, nel vasellame, in scultura attraversando trasversalmente tutta la storia dell’umanità, passando per l’Epoca classica, il Rinascimento e il Medioevo fino alle teorie dell’”arte del movimento” di Kandinskij, al Futurismo, fino all’epoca contemporanea e coeva. Lo studio dei corpi in movimento e le pose, spesso estreme, impongono ai ballerini equilibri e torsioni che gli artisti tentano incessantemente di immortalare, catturandoli per rendere eterno ciò che per sua definizione è frutto della fugacità di un attimo. Nella mostra ETERNA DANZA, dialogheranno le opere di due grandi artisti di origine tedesca appartenuti a diverse generazioni del Novecento: Reinhold Roudolf Junghanns, (1884 Zwicau, 1967 Zurigo) e Wolgang Alexander Kossuth (Pfronten 1947, 2009 Città della Pieve), noto disegnatore esperto di tecniche calcografiche il primo, musicista di fama e poi scultore apprezzato a livello internazionale il secondo. L’uno nell’ambito dei cabaret parigini e svizzeri, a contatto con le avanguardie che stavano stravolgendo il Novecento, l’altro come apprezzato violinista e direttore d’orchestra prima, scultore poi, vivono una continua simbiosi con la musica e la danza, entrambi sedotti dalle correnti informali a loro contemporanee ma saldamente legati alla figurazione e alla formazione accademica, si cimentano nell’espressione del movimento dando vita ad un connubio di classicità ed espressione unici nel loro genere in una serie di preziosi lavori selezionati e messi in dialogo fra loro, nell’atmosfera del fermento e del dinamismo di quel filone del Novecento che non cedette mai al superamento della figura e della forma.


REINHOLD RUDOLF JUNGHANNS (1884 Zwicau, 1967 Zurigo)

Noto disegnatore e esperto di tecniche calcografiche, entrò in contatto con l’ambiente artistico del Der Blaue Reiter (Cavaliere Azzurro) a Monaco di Baviera nel 1911, grazie alla sua amicizia con Vasilij Kandinskij, fondatore insieme a Franz Marc del movimento che aprì le porte alla concezione non più strettamente figurativa dell’arte e di conseguenza all’astrattismo. Dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale trova rifugio nella Svizzera neutrale dove, nel 1916, presso il celebre Cabaret Voltaire di Zurigo, stringe un profondo legame di amicizia con la bohémienne Emmy Hennings, tra le sue modelle sicuramente la favorita, e Hugo Ball, fondatori di quel movimento di rottura e rinnovamento delle convenzioni borghesi intorno all’arte che prende il nome di Dadaismo. Ancora in parte legato alla sua formazione accademica, e non del tutto convinto dalla tendenza dadaista, Junghanns seppe comunque trarne incessanti stimoli, mantenendosi però alla giusta distanza, evitando perdizione ed eccessi che travolsero altri e esprimendo la rivoluzione culturale in campo artistico attraverso il disegno. Con spirito quasi da “cronista” assiste alle storiche prime sessioni di danza contemporanea del Cabaret Voltaire, in cui si materializzavano le recenti teorie di Rudolf von Laban, tra i padri della danza contemporanea, in cui le danzatrici manifestavano le loro capacità creative individuali improvvisando movimenti liberi ed estemporanei. La rivoluzione di quell’epoca passava attraverso l’espressione del corpo in movimento. Tanzen è il titolo di una serie di bozzetti, realizzati per lo più in carboncino, che rappresenta uno studio sistematico sul tema della danza in cui Junghanns manifesta tutte le sue doti di grande disegnatore oltre che di esperto di tecniche calcografiche. Attraverso la linea funzionale, Junghanns coglie con precisione espressionistica le forme nello spazio. Leggerezza e sensualità pervadono i corpi nei movimenti. Il tratto, pesante e leggero, evidenzia masse muscolari tese e dense. Le silhouette magre, a volte spigolose, si torcono assecondando un’interpretazione dei brani drammatica e teatrale. Il ritmo si avverte e travolge.


WOLFGANG ALEXANDER KOSSUTH (Pfronten 1947, Città della Pieve 2009)

L’interesse per la specie umana, la divina proporzione del corpo, il mito classico della bellezza e della gioia del mondo in comunione con la natura, sono le fonti di ispirazione di Wolfgang Alexander Kossuth, artista totale che ha dedicato tutta la vita all’arte e che ha sempre posto l’essere umano al centro delle sue composizioni. Nasce per la musica a Pfronten, in Germania, e dopo gli studi al Conservatorio di Düsseldorf arriva nel 1968 in Italia, a Napoli, città che amerà profondamente e dove conseguirà il diploma in Violino. Di lì a poco il trasferimento a Milano come vincitore del concorso internazionale al Teatro alla Scala, nella cui orchestra suonerà per quattro anni arrivando a esserne direttore nel 1975, non ancora trentenne, tra i più giovani di sempre. Quattro anni più tardi la decisione di lasciare la musica assecondando l’urgenza di conoscere nuove forme di espressione, poiché alla musica sentiva di non poter apportare altro. Segue lezioni all’Accademia di Brera concentrandosi principalmente sulla figura umana e sul ritratto. Le sue candide muse dai corpi scultorei e slanciati, a volte giunonici e monumentali, sono principalmente ispirate, nelle forme e nei movimenti, alle danzatrici che faceva posare nelle lunghe sedute di studio anatomico. Cerca di catturare l’attimo dei movimenti della danza nelle sue più espressive posture, in cerca di quell’armonia che prima era di musica e suoni, ora di forme, volumi corporei e proporzioni. Decide di dedicarsi totalmente alla scultura facendo del figurativo la chiave di volta della sua poetica, dove l’esaltazione della bellezza classica si fonde a un surrealismo dato da equilibri formali che l’artista si diverte a stravolgere e sovvertire improvvisamente, rendendoli possibili pur non essendolo e destabilizzando lo spettatore. Uno stile, il suo, che “asseconda e nega il naturalismo al tempo stesso” in cui armonia e teatralità caricano le sue sculture di pathos; tensioni e torsioni, corpi che sfidano le leggi di gravità in un’esplosione di energia e vigore fatta di equilibri improbabili.