Il creativo americano Misha Kahn si muove all’interno del mondo del design come un esploratore che mappa territori sconosciuti, prendendosi gioco delle convenzioni e mescolando caos e controllo. Il suo lavoro, un cortocircuito tra artigianato, tecnologia e improvvisazione materica, attinge da un vasto e disordinato spettro di influenze, dall'esuberanza di Niki de Saint Phalle alla fluidità di Verner Panton. Che stia scolpendo direttamente al computer o costruendo con una vasta gamma di materiali, il risultato finale è un inedito e intrigante paesaggio visivo. Kahn considera la creazione come una conversazione aperta tra lui e i suoi materiali, e sembra proprio che nessuno dei due si annoi. Nulla è fisso, tutto è negoziabile. Il risultato è un corpus di opere che sembrano essersi materializzate da una realtà alternativa, in cui eccesso e spontaneità sovrastano la logica e il controllo.
Questo approccio fluido e dinamico si estende anche ai suoi mobili, dove gli oggetti sembrano essere catturati in una trasformazione non finita, con forme varie e incontenibili. Un divano potrebbe assomigliare a una Haribo dimenticata in un'auto, una sedia potrebbe sembrare una creatura vivente e consapevole mentre persino i materiali più industriali possono acquisire un'improvvisa sorta di teatralità. Le collaborazioni con produttori affermati dimostrano che anche all'interno dei vincoli più rigidi imposti dalla produzione seriale, il lavoro di Kahn si rifiuta di essere domato o addomesticato, mantenendo l'energia grezza e potente tipica degli esperimenti unici, trovando al contempo il suo posto nel mondo della serialità.